Raccolta delle frasi più belle del Piccolo Principe che trasmettono il messaggio più significativo: le cose più importanti della vita non sono gli oggetti o la ricchezza ma l'amore e l'amicizia, perché "l'essenziale è invisibile agli occhi".
Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano).
I grandi non capiscono mai niente da soli e i bambini si stancano a spiegargli tutto ogni volta.
Se tu vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, incomincerò ad agitarmi e ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità! Ma se tu vieni non si sa quando, io non saprò mai a che ora prepararmi il cuore… Ci vogliono i riti.
È il tempo che tu hai perduto per la tua rosa che ha fatto la tua rosa così importante.
«Da te, gli uomini», disse il piccolo principe, «coltivano cinquemila rose nello stesso giardino… e non trovano quello che cercano…» «Non lo trovano», risposi. «E tuttavia quello che cercano potrebbe essere trovato in una sola rosa o in un po' d'acqua…» «Certo», risposi. E il piccolo principe soggiunse: «Ma gli occhi sono ciechi. Bisogna cercare col cuore».
Ecco il mio segreto. È molto semplice: non si vede bene che col cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi.
«A che ti serve possedere le stelle?» chiese il Piccolo Principe all'uomo. «Mi serve ad essere ricco.» «E a che serve essere ricco?.» «A comperare delle altre stelle se qualcuno ne trova.» «Io» disse il Piccolo Principe «possiedo un fiore che innaffio tutti i giorni e possiedo tre vulcani dei quali spazzo il camino tutte le settimane. È utile ai miei vulcani e al mio fiore che li possegga. Ma tu non sei utile alle stelle».
E mi piace la notte ascoltare le stelle. Sono come cinquecento milioni di sonagli.
«Un giorno ho visto il sole tramontare quarantatre volte!» E più tardi hai soggiunto: «Sai... quando si è molto tristi si amano i tramonti…» «Il giorno delle quarantatre volte eri tanto triste?» Ma il piccolo principe non rispose.
Bisogna esigere da ciascuno quello che ciascuno può dare.
I grandi amano le cifre. Quando voi gli parlate di un nuovo amico, mai si interessano alle cose essenziali. Non si domandano mai: «Qual è il tono della sua voce? Quali sono i suoi giochi preferiti? Fa collezione di farfalle?» Ma vi domandano: «Che età ha? Quanti fratelli? Quanto pesa? Quanto guadagna suo padre?» Allora soltanto credono di conoscerlo.
Devo pur sopportare qualche bruco se voglio conoscere le farfalle, sembra che siano così belle.
«Gli uomini hanno delle stelle che non sono le stesse. Per gli uni, quelli che viaggiano, le stelle sono delle guide. Per altri non sono che delle piccole luci. Per altri, che sono dei sapienti, sono dei problemi. Per il mio uomo d'affari erano dell'oro. Ma tutte queste stelle stanno zitte. Tu, tu avrai delle stelle come nessuno ha…» «Che cosa vuoi dire?» «Quando tu guarderai il cielo, la notte, visto che io abiterò in una di esse, visto che io riderò in una di esse, allora sarà per te come se tutte le stelle ridessero. Tu avrai, tu solo, delle stelle che sanno ridere!»
«Ciò che rende bello il deserto», disse il Piccolo Principe, «è che da qualche parte nasconde un pozzo.»
Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.
Mi domando, – disse, – se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua.
«Solo i bambini sanno quello che cercano», disse il piccolo principe. «Perdono tempo per una bambola di pezza, e lei diventa così importante che, se gli viene tolta, piangono…»
Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici.
«Quello che è importante, non lo si vede…» «Certo...» «È come per il fiore. Se tu vuoi bene a un fiore che sta in una stella, è dolce, la notte, guardare il cielo. Tutte le stelle sono fiorite».
Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.
Noi che comprendiamo la vita, noi ce ne infischiamo dei numeri! Mi sarebbe piaciuto cominciare questo racconto come una storia di fate. Mi sarebbe piaciuto dire: «C'era una volta un piccolo principe che viveva su di un pianeta poco più grande di lui e aveva bisogno di un amico…» Per coloro che comprendono la vita, sarebbe stato molto più vero.
«Dove sono gli uomini?» riprese dopo un po' il piccolo principe. «Si è un po' soli nel deserto…» «Si è soli anche con gli uomini», disse il serpente.
«Ho sete di questa acqua», disse il piccolo principe, «dammi da bere…» E capii quello che aveva cercato! Sollevai il secchio fino alle sue labbra. Bevette con gli occhi chiusi. Era dolce come una festa. Quest'acqua era ben altra cosa che un alimento. Era nata dalla marcia sotto le stelle, dal canto della carrucola, dallo sforzo delle mie braccia. Faceva bene al cuore, come un dono. Quando ero piccolo, le luci dell'albero di Natale, la musica della Messa di mezzanotte, la dolcezza dei sorrisi, facevano risplendere i doni di Natale che ricevevo.
Sarà bello, sai. Anch'io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere…
«Voi siete belle, ma siete vuote», disse ancora. «Non si può morire per voi. Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparata col paravento. Perché su di lei ho uccisi i bruchi (salvo i due o tre per le farfalle). Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa».
«Giudicherai te stesso», gli rispose il re. «È la cosa più difficile. È molto più difficile giudicare se stessi che gli altri. Se riesci a giudicarti bene è segno che sei veramente un saggio».
«Perché bevi?» domandò il piccolo principe. «Per dimenticare», rispose l'ubriacone. «Per dimenticare che cosa?» s'informò il piccolo principe che cominciava già a compiangerlo. «Per dimenticare che ho vergogna», confessò l'ubriacone abbassando la testa. «Vergogna di che?» insistette il piccolo principe che desiderava soccorrerlo. «Vergogna di bere!» e l'ubriacone si chiuse in un silenzio definitivo.
Chi ama un fiore di cui esiste un solo esemplare fra milioni e milioni di stelle, basta che guardi le stelle e si sente felice. Può pensare: "Il mio fiore è lì da qualche parte…"
«Se tu vuoi un amico addomesticami!» «Che bisogna fare?» domandò il piccolo principe. «Bisogna essere molto pazienti», rispose la volpe. «In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così, nell'erba. Io ti guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino…»
«Ecco ciò che mi commuove di più in questo piccolo principe addormentato: è la sua fedeltà a un fiore, è l'immagine di una rosa che risplende in lui come la fiamma di una lampada, anche quando dorme…» E lo pensavo ancora più fragile. Bisogna ben proteggere le lampade: un colpo di vento le può spegnere…